Geologicamente
è una parte - il cuore - della Rift Valley, la più grande
depressione di origine tettonica del pianeta che dallo Zambesi
si estende per oltre quattromila chilometri e attraverso il
Mar Morto sino alla Siria; è una zona tipicamente vulcanica
ove in alcuni luoghi, in particolare nella Dancalia centro-settentrionale,
si hanno ancora fenomeni di vulcanismo. Geologicamente tende
a staccarsi dall'Etiopia e viaggia verso la penisola arabica
ad una velocità - se non erro due centimetri all'anno - che
non ci consentirà certo di vedere, fra un milione d'anni, una
grande isola in un nuovo mare.
Morfologicamente
si presenta come una lunga striscia di terra che nasce sotto
gli altipiani dell'Etiopia orientale per gettarsi nel Mar Rosso,
ove basse colline e pianure deserte, ricoperte da lave antiche
e recenti frammiste a sabbie di chiara origine marina in quanto
ricche di fossili calcarei contrastano nettamente con maestosi
vulcani.
Nella
parte centrale un grande lago salato, il lago di Assalè, che
si estende per circa duecento chilometri di lunghezza in direzione
nord-sud e che al livello di centoventi metri sotto il livello
del mare è per importanza la seconda depressione al mondo dopo
quella del Mar Morto. Il lago era probabilmente una parte del
Mar Rosso rimasta isolata per un sollevamento tettonico e le
cui acque diminuiscono costantemente per evaporazione in quella
che è la zona più calda del globo lasciando ai bordi una crosta
di sale di notevole potenza.
Un
altro lago a sud-est della Piana di Assalè e a sud-est della
catena vulcanica ancora parzialmente attiva dell'Ertale, a centoventi
metri sotto il livello del mare e con acque profonde, si allunga
per diciassette chilometri ed è alimentato da sorgenti termali
che hanno origine nell'Ertale. Al centro della parte neridionale
del lago larga circa sette chilometri si trova una piccola misteriosa
isola, con al centro un monolito
d'origine sconosciuta, tabù per le genti del luogo come tabù
sono alcuni dei vulcani della zona.
Il
lago Afrerà,
questo è il suo nome (Egoghi Bad per gli Afar), compare
sulle vecchie carte coloniali con il nome di Lago Giulietti
in memoria dell'esploratore Giuseppe Maria Giulietti trucidato
nel 1881 dai dancali, sorte toccata anche ad altri esploratori
in epoche sia anteriori che susseguenti tale data.
É
una regione ostica, poco popolata e priva di adeguate vie di
comunicazione al di la delle ombre di alcune vecchie piste camionabili
non asfaltate e comunque ormai praticamente inagibili costruite
dagli italiani in epoca coloniale. La natura del luogo è apparentemente
ostile, scarse la fauna e la flora, il clima è il più torrido
del globo.
Etnicamente
gli Afar appartengono alla stirpe camita basso-cuscita
2 e secondo una leggenda orientale 3 Afar si
chiamava un nipote di Noè che ebbe in retaggio la regione della
Dancalia appunto associata al suo nome.
Gli
Afar sono pastori nomadi, gente fiera e temibili guerrieri di
religione prevalentemente islamica frammista a culti animistici
arcaici.
Della
Dancalia si sentiva parlarne come di un altro pianeta, difficoltoso
da raggiungere, pericoloso e per la sua natura e per le genti
che lo abitano, estremamente misterioso ma affascinante - incredibilmente
affascinante.
Proveniente
da Kombolcià, sulla rotabile che da Asmara conduce ad Addis
abeba, l'avevo già attraversata in maniera avventurosa nel 1959
su un vecchio camion Magirus guidato da Crocilla, un simpaticissimo
autista siciliano con una magnifica voce da tenore che per quindici
giorni (tanto durò l'insolito viaggio che mediamente si percorreva,
dall'Asmara ad Assab attraverso l'Etiopia in quattro giorni
per una distanza di circa milleduecento chilometri) altro non
fece che imitare Enrico Caruso e Mario Lanza.
Di
quel viaggio, avventuroso per i ghiribizzi del vecchio Magirus,
rammento acquitrinose piane salate che di notte, con la luce
dei fari, si riempivano letteralmente di nubi di zanzare e zone
brulle e desertiche ricoperte di lave nere ma non era certo
minimamente comparabile a quanto avrei visto negli anni seguenti.
Mi recavo per lavoro ad Assab, dove rimasi pochi mesi. Quello
che più mi colpì - a parte un tremendo colpo di sole mentre
ormai da ore ero a contare i cammelli che una nave stava imbarcando
nel porto di Assab - in una escursione a nord di Assab fu un'interminabile
spiaggia color arancio che man mano che la Land Rover procedeva
sulla medesima mutava assumendo un colore marroncino; era letteralmente
ricoperta da miriadi di piccoli granchi gialli che fuggivano
terrorizzati verso il mare per non essere travolti dal mezzo
meccanico. Il mare circostante in zona soggetta ai monsoni spesso
era mosso e torbido ma incredibilmente ricco di gigantesche
aragoste e rossi granchi di notevoli dimensioni. Si nuotava
poco dalle parti di Assab essendo la zona infestata da grossi
e pericolosi squali.