Capitolo 4

IL PIANETA DEGLI AFAR ( 1 )

 
   

La Dancalia degli Afar (il nome Afar significa nomadi, errabondi), è una stretta striscia di terra che costeggia il Mar Rosso e iniziando a circa ottanta chilometri a sud del porto di Massawa si spinge fin oltre il porto di Assab cinquecento chilometri più a sud e arriva fino alla Costa Francese dei Somali.

Geologicamente è una parte - il cuore - della Rift Valley, la più grande depressione di origine tettonica del pianeta che dallo Zambesi si estende per oltre quattromila chilometri e attraverso il Mar Morto sino alla Siria; è una zona tipicamente vulcanica ove in alcuni luoghi, in particolare nella Dancalia centro-settentrionale, si hanno ancora fenomeni di vulcanismo. Geologicamente tende a staccarsi dall'Etiopia e viaggia verso la penisola arabica ad una velocità - se non erro due centimetri all'anno - che non ci consentirà certo di vedere, fra un milione d'anni, una grande isola in un nuovo mare.

Morfologicamente si presenta come una lunga striscia di terra che nasce sotto gli altipiani dell'Etiopia orientale per gettarsi nel Mar Rosso, ove basse colline e pianure deserte, ricoperte da lave antiche e recenti frammiste a sabbie di chiara origine marina in quanto ricche di fossili calcarei contrastano nettamente con maestosi vulcani.

Nella parte centrale un grande lago salato, il lago di Assalè, che si estende per circa duecento chilometri di lunghezza in direzione nord-sud e che al livello di centoventi metri sotto il livello del mare è per importanza la seconda depressione al mondo dopo quella del Mar Morto. Il lago era probabilmente una parte del Mar Rosso rimasta isolata per un sollevamento tettonico e le cui acque diminuiscono costantemente per evaporazione in quella che è la zona più calda del globo lasciando ai bordi una crosta di sale di notevole potenza.

Un altro lago a sud-est della Piana di Assalè e a sud-est della catena vulcanica ancora parzialmente attiva dell'Ertale, a centoventi metri sotto il livello del mare e con acque profonde, si allunga per diciassette chilometri ed è alimentato da sorgenti termali che hanno origine nell'Ertale. Al centro della parte neridionale del lago larga circa sette chilometri si trova una piccola misteriosa isola, con al centro un monolito d'origine sconosciuta, tabù per le genti del luogo come tabù sono alcuni dei vulcani della zona.

Il lago Afrerà, questo è il suo nome (Egoghi Bad per gli Afar), compare sulle vecchie carte coloniali con il nome di Lago Giulietti in memoria dell'esploratore Giuseppe Maria Giulietti trucidato nel 1881 dai dancali, sorte toccata anche ad altri esploratori in epoche sia anteriori che susseguenti tale data.

É una regione ostica, poco popolata e priva di adeguate vie di comunicazione al di la delle ombre di alcune vecchie piste camionabili non asfaltate e comunque ormai praticamente inagibili costruite dagli italiani in epoca coloniale. La natura del luogo è apparentemente ostile, scarse la fauna e la flora, il clima è il più torrido del globo.

Etnicamente gli Afar appartengono alla stirpe camita basso-cuscita 2 e secondo una leggenda orientale 3 Afar si chiamava un nipote di Noè che ebbe in retaggio la regione della Dancalia appunto associata al suo nome.

Gli Afar sono pastori nomadi, gente fiera e temibili guerrieri di religione prevalentemente islamica frammista a culti animistici arcaici.

Della Dancalia si sentiva parlarne come di un altro pianeta, difficoltoso da raggiungere, pericoloso e per la sua natura e per le genti che lo abitano, estremamente misterioso ma affascinante - incredibilmente affascinante.

Proveniente da Kombolcià, sulla rotabile che da Asmara conduce ad Addis abeba, l'avevo già attraversata in maniera avventurosa nel 1959 su un vecchio camion Magirus guidato da Crocilla, un simpaticissimo autista siciliano con una magnifica voce da tenore che per quindici giorni (tanto durò l'insolito viaggio che mediamente si percorreva, dall'Asmara ad Assab attraverso l'Etiopia in quattro giorni per una distanza di circa milleduecento chilometri) altro non fece che imitare Enrico Caruso e Mario Lanza.

Di quel viaggio, avventuroso per i ghiribizzi del vecchio Magirus, rammento acquitrinose piane salate che di notte, con la luce dei fari, si riempivano letteralmente di nubi di zanzare e zone brulle e desertiche ricoperte di lave nere ma non era certo minimamente comparabile a quanto avrei visto negli anni seguenti. Mi recavo per lavoro ad Assab, dove rimasi pochi mesi. Quello che più mi colpì - a parte un tremendo colpo di sole mentre ormai da ore ero a contare i cammelli che una nave stava imbarcando nel porto di Assab - in una escursione a nord di Assab fu un'interminabile spiaggia color arancio che man mano che la Land Rover procedeva sulla medesima mutava assumendo un colore marroncino; era letteralmente ricoperta da miriadi di piccoli granchi gialli che fuggivano terrorizzati verso il mare per non essere travolti dal mezzo meccanico. Il mare circostante in zona soggetta ai monsoni spesso era mosso e torbido ma incredibilmente ricco di gigantesche aragoste e rossi granchi di notevoli dimensioni. Si nuotava poco dalle parti di Assab essendo la zona infestata da grossi e pericolosi squali.


1 - Un articolo recente in lingua inglese " ETHIOPIA: Focus on the Afar people " dà una buona visuale dell'Afar odierno.
2 - Guida d'Italia della Consociazione Turistica Italiana - AFRICA ORIENTALE ITALIANA - Milano 1938 - Pagina 81.
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3 - Ilario Capomazza - LA LINGUA DEGLI AFAR - Macerata, Unione Tipografica, 1907. Pagina 3.
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  1- Kagnew Station 2 - Il camioncino Balilla 3 - Il Corben 5 - Il pianeta degli Afar [2]
6 - Zaad Amba 7 - Il mare 8 - Il giorno più lungo 9 - Il professore
10 - Guerra e pace 11 - Il giorno dopo 12 - Epilogo