"Dicono
che esiste il mal d'Africa - non lo so - personalmente
non tornerei in Africa a meno che il tempo non iniziasse a scorrere
a ritroso. Quello che esiste non è il mal d'Africa ma l'Africa
che ci si porta dentro, è un'altra vita, era un altro
pianeta …" con queste parole concludevo il primo capitolo!
Son
passati ormai molti anni, l'Eritrea è uno stato indipendente
e nel 1993, in coincidenza col referendum per l'indipendenza
rientravo in Eritrea con un passaporto in più come cittadino
naturalizzato.
Cos'era
cambiato in tutti quegli anni? In pratica niente, le stesse
case, gli stessi fabbricati, il solito sole. In pratica Asmara
non portava i segni violenti della guerra, si notava solo una
certa decadenza dovuta alla mancanza di manuntenzione dei fabbricati,
per il resto l'unico effettivo cambiamento era la mancanza della
Seconda Divisione
e di soldati etiopici armati in ogni angolo delle città, in
ogni paese della regione.
E
sopratutto qualcosa di molto tangibile mancava: la paura! Si
respirava aria di libertà, non più l'oppressione, il terrore
di essersi lasciati sfuggire una parola in più del necessario
che poteva significare un risveglio all'ombra della palma della
Piazzetta della Palma … la possibilità di una passeggiata indisturbato,
ovunque, a qualsiasi ora del giorno e della notte nel paese
con il più basso tasso di criminalità del globo. Sotto i lampioni
accesi, non più coprifuoco, non più esplosioni, non più esecuzioni
sommarie.
Altri
due cassoni con alcune cosette utili e un sacco di cianfrusaglie,
ferri vecchi, rottami elettronici e le mie pietre della Dancalia
ritrovavano la strada di casa e il posto che avevano abbandonato
quasi quindici anni prima - niente era cambiato: il cortile
col vecchio tornio, la casa appicicata al monte, i pali con
l'altalena delle bambine … tutto la, tutto come prima. Come
se nulla fosse mutato durante uno strano sogno durato tre lustri.
Ritrovavo
visi che non mi erano nuovi e che mi abbracciavano, vecchie
conoscenze, vecchi amici, il mare di Massawa ma … orrore … mi
rendevo conto che la Dancalia, la mia Dancalia, si ritrovava
oltre confine in un altro stato che esisteva da millenni ma
che prima non esisteva, non per me o per Nico, noi non conoscevamo
confini.
Inizia
una nuova vita. Lavoro un pò come traduttore per la Cooperazione
Italliana e poi metto sù un'attività in proprio, energie alternative.
Sono nel paese del sole, niente di meglio e in effetti le prospettive
sono molto buone, il lavoro si estende anche in Etiopia, finalmente
ho raggiunto qualcosa di veramente valido e le soddisfazioni
non mancheranno ma qualcosa improvvisamente cambia, l'Eritrea
e l'Etiopia si ritrovano nuovamente in guerra, una guerra di
trincea che costerà la vita a ben oltre centomila giovani e
che terminerà due anni dopo. Gli etiopici nel frattempo hanno
invaso diverse zone del paese lasciandosi dietro morte, distruzione
ed ovunque campi minati. Una esile pace tiene sino al 13 aprile
2003 quando la Corte Internazionale dell'Aja emette il verdetto
che dovrà definire una volta per tutte la questione dei confini
tra i due stati e che è stata la miccia che ha fatto esplodere
il conflitto. La pace - o forse tregua - tiene ancora. Si prospetta
la demobilitazione, si hanno nuovamente tenui segni di ripresa
e molte speranze … è una storia antica, una storia forse antica
quanto l'Eritrea. Dall'altra parte del Mareb, il fiume che segna
il confine, le popolazioni sono nuovamente fomentate, a molti
non va a genio il verdetto sopra menzionato, l'Etiopia è tagliata
fuori dal mare e urla che lo rivuole … ma non sono i confini
e le distribuzioni delle terre che bisogna cambiare, bisogna
cambiare il cuore dell'uomo. Solo quel giorno avremo una
pace duratura e non in Eritrea o in Etiopia ma in tutto il globo.
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