Capitolo 8

IL GIORNO PIU' LUNGO

… e altre storielle
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Contrariamente al solito mi sveglio molto presto, forse è il brontolio di quei tuoni in lontananza ma in effetti sono tuoni strani e non è tempo di piogge - non passerà molto e mi renderò conto che quei tuoni sono il canto lontano dei cannoni; non si distingue bene, ma sembra che venga da tutte le direzioni. In un certo senso non ci impressiona più di tanto; mia moglie si reca come al solito al lavoro, io di norma ci vado un'oretta dopo per cui ho tutto il tempo di andare a prendere le bambine che hanno dormito a casa di Lelle che ha due bambini pressapoco coetanei delle mie bambine. Sembra che i tuoni aumentino - o forse si stanno avvicinando - in effetti mentre con le bambine in auto torno verso casa nelle strade si vedono un pò ovunque indaffaratissimi militari etiopici che piazzano mitragliatrici pesanti in mezzo alla strada, sotto il grande e moderno palazzo che ospita l'albergo Nyala ormai la strada è praticamente sbarrata e riesco a passare a malapena e lentamente tra due mitra piazzati sull'asfalto solo perchè i militari, troppo impegnati a preparare qualcosa che fra non molto sarà più che evidente, non mi fanno cenno di fermare; la gente cammina veloce o corre verso destinazione ignota ma tutti hanno la stessa sensazione, tutti cercano rifugio prima che sia troppo tardi.

Il tutto non sembra essere molto tranquillizzante per cui poso le bambine a casa e mi reco a prendere mia moglie in ufficio; laddove lavora passa la strada che conduce al campo militare della 2a divisione, il raggruppamento più imponente ed importante della regione e la migliore tra le divisioni scelte di S.M.I. l'Imperatore Hailè Selassiè - il Negus - ed è una strada obbligata per gli autoveicoli militari. Nel loro ufficio ormai più nessuno lavora, quel canto che si avvicina diventa sempre meno rassicurante. In pochi minuti siamo nuovamente tutti riuniti a casa ed indubbiamente abitiamo forse nella casa più protetta della città. Adagiata sotto una collina alla quale è saldamente incollata - l'unica collina della città e anche d'importanza storica in quanto sulla cima vi fu nel secolo scorso l'osservatorio dell'imperatore etiopico Ras Alula - sostituito ora con un grande serbatoio dell'acquedotto municipale - protetta da una grande villa sulla sinistra - verso sud - una davanti ed una palazzina sul fianco opposto; un cortile stretto e lungo circa trenta metri conduce all'ingresso principale; indubbiamente solo un aereo la può colpire e solo se proveniente da sud-ovest e fa piacere abitare in un luogo simile, specialmente in certe situazioni.

Mi viene in mente che Elias, Tesfai e Chidanè, i tre fedeli esattori che lavorano nel nostro ufficio saranno la, come al solito, in attesa che arrivi qualcuno per poi iniziare il loro giro diurno per l'incasso degli affitti. Decido che sarebbe meglio andare ad avvisarli di chiudere l'ufficio e di godersi una giornata di ferie …non si sa mai; ma non mi passa neanche lontanamente per la mente che potrei usare il telefono casalingo e mi avvio verso la vettura parcheggiata davanti casa. Sul lato opposto della strada scorgo Alfredino in osservazione davanti al cancello della propria abitazione e gli chiedo se vuol venire a fare un giretto con me, in fondo si tratta di meno di cinque minuti ma lui preferisce non muoversi; mi reco spesso in ufficio a piedi, ci vuol meno di dieci minuti senza la minima fretta, al massimo un paio di minuti in macchina se si incappa nel semaforo rosso. Tutto è tranquillo in quel tratto di strada, quasi rassicurante e comunque quando arrivo davanti all'ufficio vedo che è già chiuso, anche il bar sull'angolo sta precipitosamente abbassando la saracinesca e proprio in quel momento scoppia il finimondo, cominciano a sparare ovunque, all'impazzata e vicinissimi. Verrò a saperlo solo la sera ma in quei momenti il Sig. Cordaro, proprietario di un panificio, venne trucidato meno di cento metri alle mie spalle mentre tentava di abbassare la saracinesca del negozio dai militari etiopici.

Non vedo ne da dove ne contro chi sparano ma ho la vaga sensazione di viaggiare tra le pallottole; accellero e imbocco la via principale della città, poco innanzi vi è un semaforo. A quei tempi avevo idee strane, in nessun caso disubbidire alle leggi vigenti e il semaforo ovviamente è rosso per cui arresto la vettura, sul lato destro c'è la National Bank of Ethiopia e nel cortile antistante la banca qualche mitra deve aver perso il controllo di se stesso dato che il rumore è assordante, ma non viene solo da la, è ovunque ma non vedo nessun uomo armato da nessuna parte e ovviamente neanche gente disarmata, tutti si sono volatizzati istantaneamente cercando riparo come e dove possibile.

Scorgo nello specchietto retrovisore una Volkswagen verde che si avvicina velocemente, mi scansa mi sorpassa e curva sulla destra ad andatura folle e non mi sembra giusto che passi col rosso; riconosco la macchina, è il Sig. Ghevre-Jesus, abita meno di cento metri da me sulla stessa strada e fra neanche dieci secondi sarà al sicuro. Scatta il verde e mi avvio a mia volta e certo non lentamente, la mia stretta osservanza delle leggi aveva una lacuna in un certo senso ereditaria ed incurabile, i limiti di velocità per me non sono mai esistiti … ne esistono tutt'ora. Pochi secondi e vedo il maggiolino verde in sosta sulla destra e il Sig. Ghevre-Jesus che si avvia velocemente verso il cancello del garage, interrato sotto un alto muro e sul quale sorge la sua abitazione. Dopo pochi secondi anch'io sono parcheggiato sulla destra e ho il lampeggiatore che indica che devo girare per dirigermi verso il cancello poichè stanno velocemente sopraggiungendo tre automezzi pesanti militari, non è il momento di rischiare incidenti e osservo le direttive della precedenza attendendo che passino, o almeno tale era la mia intenzione.

Ad un certo momento percepisco come un rumore di vetri infranti ed una leggera ma anomala sensazione alla gamba sinistra e, pure in maniera anomala dato che non ho assolutamente il tempo di valutare la situazione, mi rendo conto che da quell'autocarro straccarico di militari qualcuno sta esercitandosi scaricando la sua arma sulla mia vettura, forse infastidito dal lampeggiare dell'indicatore di direzione.

Istintivamente apro le braccia e cado riverso, ucciso sul sedile a lato, forse così appagati smetteranno di giocare al tiro a segno. Il secondo camion è poco distante e dopo l'esperienza del primo decido di offrirgli un bersaglio un pò più piccolo per cui mi rannicchio sotto il cruscotto in modo da essere il più possibile protetto dal motore, tra di me borbotto "mal che va ci lascerò le gambe" ma forse gli uomini del secondo camion hanno altre cose per la testa, non sono pronto a giurarlo ma credo che non abbiano sparato, forse non hanno notato il lampeggiatore laterale della vettura ancora attivo, forse i primi si erano solo preoccupati di spegnerlo ed in verità l'hanno mancato di ben poco … e così passa anche il secondo camion. Son certo che il terzo camion è più lontano, alzo la testa ed in effetti lo è per cui decido di fare una sortita, abbandono la vettura non senza rispettare le buona regola di spegnere il motore e portarmi via la chiave e mi avvio di corsa per attraversare la strada e ripararmi dietro al cancello ma già - chissà perchè certe cose vengono in mente così velocemente e solo al momento meno propizio - la chiave del cancello che ho in mano, anche questo stranamente insolito, è quella di mia moglie, è difettosa e bisogna sempre trafficare un pò con la serratura per riuscire ad aprirlo. Mi sento irrimediabilmente perso, mi vedo inchiodato su una lastra di ferro color crema, ma ormai sono in ballo, certamente non ce la faccio più a tornare sui miei passi e nascondermi dietro l'angolo presso la macchina per cui raggiungo il cancello, infilo la chiave nella serratura e incredibilmente - apriti Sesamo - s'apre d'incanto, non è ancora ben chiuso che sono al riparo dietro il robusto pilastro di sostegno del cancello e con alle spalle un alto muro di pietra. Il camion passa, ora sento di nuovo il finimondo, pochi attimi prima ovviamente non era diverso ma ero troppo occupato per rendermi conto che quella musica non era mai cessata.

Sono ovviamente incuriosito ma non oso alzarmi in punta di piedi per vedere che tempo tira fuori; attendo qualche istante e, sentendomi ormai al sicuro, mi avvio verso l'uscio di casa. Mia moglie è, come si suol dire, su tutte le furie dato che la preoccupazione aveva ceduto il posto alla rabbia di avere un compagno così poco intelligente, ma il telefono non mi ha mai attratto e dopotutto mi sono assentato per solo quattro minuti. Mio padre è fuori di se e non riesce a capire chiaramente cosa stia accadendo e continua a chiedersi contro chi stessero sparando così all'impazzata, ininterrottamente, e quella sparatoria durerà ore. Passano pochi minuti, giusto quanto basta perchè mia moglie ritrovi la tranquillità per il ritorno del redivivo marito e tiro su la gamba sinistra del pantalone, estraggo alcune piccole schegge di pallottola dallo stinco insanguinato e gliele porgo in dono …meno male che almeno lei è disarmata!

Quando la sparatoria si attutisce - si sa, anche i militari hanno diritto all'ora di riposo per il pranzo - ricupero la vettura non senza ridestare qualche perplessità e preoccupazione in famiglia per la piccola passeggiata e il dover spalancare il cancello, ma la mia vettura è sacra - son tante le soddisfazioni che mi ha dato in campo agonistico, tra le quali due coppe dalla mani dell'Imperatore! Sul pilastro in mattoni del muretto a fianco al luogo ove l'auto era parcheggiata scorgo dei buchi grandi come scodelle per il caffelatte, ovviamente sparavano pallottole espansive e la loro non-osservanza delle convenzioni internazionali molto probabilmente mi aveva evitato qualche foro piccolo ma dai netti contorni e procurato solo poche schegge di pallottola che mi si erano conficcate nello stinco viaggiando in qualche modo lungo il pedale della frizione non essendoci buchi all'interno dell'auto; l'iniziale rumore di vetri infranti si era forse provvidenzialmente creato nella mia mente dato che tutti i vetri della vettura erano sani, ma quei cinque buchi sul cofano stonavano un pò e quelli sul piantone dell'ammortizzatore propio non mi piacevano affatto con tutto che, essendo la vettura preparata per le competizioni, spesso avevo pensato come e dove bucarla per allegerirla un pò. Che l'etiopico lo sapesse?

La sera in qualche modo veniamo a sapere che il Sig. Ghevre-Jesus è rimasto gravemente ferito mentre cercava di aprire la porta del proprio garage … ma si sa, non fermarsi ai semafori è pericoloso.

In margine a questa storiella, un fatto curioso: da piccolo ero un ragazzo irrequieto e rissoso e spesso mi veniva in mente questa frase "se mi capita qualcosa di brutto faccio finta di morire"; ormai quella frase l'avevo dimenticata da anni (ma non troppi!) ma ovviamente mi era penetrata nel subcosciente quanto bastò per innescare un riflesso automatico al momento più opportuno.

L'ora di pranzo termina e si riprende il lavoro e così pure riprendono le pesanti sparatorie che proseguono per tutta la giornata e parte della notte e anche se meno intense per molte giornate ancora. Naturalmente in tutta la città tutti quelli che ne hanno la possibilità sono in cortile sotto il cielo solcato da innumerevoli traccianti luminosi con il registratore acceso per immortalare in una cassetta le note più salienti di quella mal orchestrata sinfonia.

La mia abitazione aveva un bel salone largo quattro metri e lungo dodici. In qualche modo - come non lo rammento più a parte le difficoltà connesse al ricupero di un giovane italiano handicappato dalla poliomelite che abitava nei pressi della Radio Marina (Track "A", laddove in precedenza la Kagnew Station aveva la stazione trasmittente) ora occupata dalla marina (ex) Imperiale Etiopica che nelle sue file aveva i fucilieri più irrequieti di tutto l'impero e che era ormai da giorni costretto a vivere con la madre a ridosso del muro sotto il davanzale di una finestra dato che era l'unico angolo della sua abitazione dove non si piantavano le pallottole dei marinai, costrette dal muro a passargli sulla testa a filo di capello - si riempì di rifugiati, per lo più amicizie, dato che come ho già accennato la mia abitazione era vulnerabile solo dal cielo e da sud-ovest. E a proposito di vulnerabilità dall'aria una piccola disgressione: il Sig. Gambino, un anziano falegname italiano che viveva non molto lontano da me, praticamente alle falde posteriori rispetto alla mia dimora del monte-fu-osservatorio imperiale, chissà perchè un dì decise di rompere con le consuete abitudini e di andare a dormire nella stanza attigua alla camera da letto. Nel cuore della notte un katiuscia forò il tetto ed esplose nella sua camera da letto. Il giorno dopo era sotto shock all'ospedale italiano e poi non ancora completamente ristabilito sull'aereo (forse come in precedenza accadde a molti altri connazionali solo con il pigiama addosso) che lo riportava in patria.

Non rammento quanto quella situazione in quel salone col pavimento ricoperto da una fila di materassi si prolungò, forse per più di un paio di settimane. Comunque, indimenticabile rimane lo spirito di amicizia e collaborazione, l'umanità che si manifesta in certe circostanze. Pure indimenticabile quanto quell'umanità che spesso crediamo di aver lasciato alle spalle sia palpitante in noi e pronta ad emergere. Ma per rendersene conto, perchè emerga, è necessario condividere disagi, sofferenza e paura altrimenti in nostro egoismo difficilmente si arresta, ci vuole uno scossone tremendo per farci comprendere che non siamo soli al mondo e che non possiamo vivere solo ed unicamente per noi stessi.

É passato del tempo, alcuni mesi e la situazione è mutata: di giorno non sparano quasi più, solo qualche sporadico colpo, qualche bomba ma niente di veramente allarmante. Un mattino mentre mi reco forse per l'ultima volta in ufficio quasi inciampo in un uomo con un freschissimo foro nella nuca riverso sul marciapiede in una pozza di sangue innanzi all'ingresso del Bar Royal, il principale della città; mi dicono che lo hanno appena giustiziato i ribelli ma ormai queste cose mi toccano poco … e poi per abitudine il caffè lo prendo al Bar Alba, poco discosto.

Il coprifuoco non inizia più alle 18.00 ma bensì alle 18.30 per cui prima di cena posso fare una passeggiata con la consorte e forse alle 18.29 passo presso la grande cabina di distribuzione elettrica, un bella costruzione in mattoni a facciavista una trentina di metri in linea d'aria da casa e alle 18.30 puntualissima come al solito, Abeba, la domestica, mi mette gli immancabili spaghetti in tavola. Solo un paio di forchettate e poi un tremendo botto, il monte con ben attaccata la mia casa trema tutto e la luce se ne va. Quando accendo la candela per finire gli spaghetti mi rendo conto con orrore che il condimento è cambiato, i frammenti di vetro del lampadario sembrano tutti nel piatto. In qualche modo finisco la cena rinunciando a malincuore agli spaghetti col sugo al vetro e poi esco e mi avvio verso il cancello. Fuori tutto è calmo, non una luce, non un'ombra al debole chiar di luna - i militari ovviamente evitano anche loro le zone rumorose col buio - calmo e deserto ma non mi azzardo a mettere il naso fuori dal cancello per curiosare, non val la pena rischiarlo; penso che forse è saltata la cabina di distribuzione.

Quando il mattino esco per recarmi al lavoro mi rendo imnmediatamente conto, grazie al mio gran spirito d'osservazione, che quel bel fabbicato rosso in mattoni che occupava una superficie di non meno di venti metri quadrati su quella gradinata e dal quale si dipartivano innumerevoli pesanti cavi elettrici non esiste più, si è volatizzato col calar del sole e per tre mesi ancora sarà la luce della candela a tenermi compagnia a cena. Gli uomini del Fronte di Liberazione l'anno fatto saltare e alcuni pezzi si trovano nella piazzetta della palma, ben oltre cento metri più avanti.

La piazzetta della palma è sempre stata famosa, era il miglior punto di riferimento della città; con la guerra la sua fama crebbe ancora, si dice che spesso, all'alba, era contornata di cadaveri di gente trucidata nella notte dagli etiopici. Personalmente non l'ho mai notato, a scuola (avevo cambiato lavoro) come al solito mi ci reco alle otto. Dicono che anche il nostro amico Nasrai Masciò, un simpaticissimo commerciante mussulmano col quale avevamo avuto per anni rapporti di lavoro, riposava la una mattina all'alba, non lo so, per certo so che l'hanno trucidato a tarda notte nella sua abitazione all'altro capo della città, apparentemente servendosi di un buon fil di ferro probabilmente consunto dall'uso costante su colli più o meno reticenti. Si dice anche che siano i Tor Serauit (militari etiopici) ad ornarla in siffatto macabro modo ma io non lo so, si dicono tante cose.

La luce non è ancora tornata ed una mattina poco prima dell'alba alcuni possenti botti rallegrano il sonno e zittiscono il gallo, uno di quei botti è particolarmente vicino … troppo vicino! Che abbiano interrotto la ricostruzione della cabina elettrica? No, questa volta hanno fatto saltare diverse cabine di distribuzione dei telefoni ed una di queste era quasi attaccata al nostro cancello … finalmente, sei mesi senza telefono. E, a proposito di telefono, una nota più attuale … sapete che da oltre un anno non si può più comunicare con l'Asmara? Un grande ripetitore è stato fatto saltare da uno degli ormai numerosi fronti di liberazione che si agitano in Etiopia, penso che sia quell'enorme lastra metallica incollata su un monte nei pressi dell'Amba Alagi e che dava l'impressione di un enorme specchio sospeso nel cielo; indubbiamente non dovrebbe essere difficile sostituirla ma a qualcuno fa comodo tenere Asmara ben isolata dal resto del mondo, meno notizie se ne hanno al di fuori e meglio è.

Devo recarmi in banca oggi, è strano, non ho più affari con le banche … Con la mia macchina non è consigliabile andarci, i taxi sono spesso presi di mira dai fucili dei Tor Serauit perchè spesso trasportano ribelli. Ovviamente la mia vettura non è un taxi ma tutti i taxi sono gialli e il mio Fiat 1100 Musetto che ha sostituito la bucatissima 124 è giallo con i parafanghi arancione, ci si può sbagliare facilmente. In seguito ovvierò all'inconveniente con un paio di bombolette di vernice celeste sul cofano e sul portello del bauletto, oggi vado in banca con la vettura di un conoscente che abita nella villetta di fronte a me, se non è gialla viaggio abbastanza tranquillo. Non rammento perchè ma indipendentemente dal colore del Musetto sarà la prima ed ultima volta che uso la vettura di un conoscente.

Non è molto che mi trovo in banca, con me mia moglie, quando ci rendiamo conto che stanno chiudendo le porte dall'interno (ovviamente preavvisati …!), è questione di attimi e scoppia il finimondo, apparentemente sparano ovunque - ogni tanto capita … Attraverso gli ampi vetri grigi antiproiettile della facciata della banca, una costruzione modernissima, si vede un militare che continua a caricare e poi scaricare il suo fucile contro qualcosa che non vediamo ma abbiamo l'impressione che il luogo da lui preso di mira sia deserto da un pezzo e non offra bersagli degni di attenzione, ne arrivano colpi di ritorno. Sul tetto della banca i mitra stentano a tacere ma forse anche quelli hanno una discussione tra di loro dato che nessuno da lontano gli risponde, non un graffio sulla banca, e poi tutto cessa, improvvisamente ed ovunque; ci confronta solo un grande punto interrogativo: contro chi sparavano?

Per motivi di sicurezza ci aprono le porte della banca solo dopo una buona oretta di quiete esterna e mentre mi appresto ad uscirne un conoscente, un anziano greco con la moglie che abita praticamente sul retro della collina che sovrasta la mia abitazione mi chiede se posso offrirgli un passaggio. Mi passano un sacco di imprecazioni per la mente ma non posso fare altro che acconsentire anche se non avrei voluto far altro che rifiutare - era la tipica richiesta sbagliata fatta dalla persona sbagliata alla persona sbagliata nel momento sbagliato per recarsi in un luogo sbagliato dato che per accompagnarlo devo passare davanti al distributore della Shell, il luogo più temibile, più insanguinato della città. Il distributore è sempre presidiato da numerosi militari etiopici che mai perdono l'occasione - quando come ogni tanto accade in questa bella cittadina, i militari ricevono carta bianca e possono sparare liberamente e a volontà su chi più gli aggrada - di scaricare le loro armi su chi gli si presenta a tiro e in quel luogo le strade e i muri, in particolare quello lungo il lato destro del Bar Milano, giusto opposto al distributore, son sempre insanguinati e questa volta non lo so perchè "si dice che … "

Come tutti i presenti nella banca mettiamo fuori prima solo la punta del naso, poi un piede e poi se nulla accade anche l'altro e così via finchè ci ritroviamo anima e corpo sulla vettura e partiamo, tutto è apparentemente tranquillo in giro ma naturalmente le strade sono deserte e invece di girare alla prima traversa che mi farebbe passare di fronte al distributore giro alla seconda, la via una volta si chiamava Via Daniele Comboni, così potrò passare dietro al distributore maledetto… sulla brevissima laterale che dalla via Comboni porta al distributore un militare scorge la vettura e grida, con il fucile puntato sulla medesima "ttenù" (fermo) ma tra di me penso che sarebbe stupido farlo proprio in quel momento e accellero portandomi temporaneamente fuori dalla portata della sua arma e poi pianto i freni, è tutto questione di attimi.

Il greco è terrorizzato, sua moglie e mia moglie sul sedile posteriore della bianca Volkswagen hanno la testa china tra le mani in attesa della fine e il militare sbuca dall'angolo impugnando l'arma in posizione di tiro sicuro che non permetterà a quella vettura di andare molto lontano ma inaspettatamente la trova già ferma in un certo senso ad affrontarlo a non più di tre metri dalla canna del suo fucile. Io sono con la testa il più possibile allungata al di fuori del finestrino e le mani tanto alte al di sopra della medesima che più non le sento e come il militare appare grido: "ferenji… ferenji… ferenji.."; era quella la parola da loro usata per indicare gli stranieri, in particolare gli italiani. Non mi passa per la mente di fargli notare che la vettura non è gialla e tantomeno, come la maggior parte dei taxi di Asmara una vecchia Fiat, potrebbe comunque essere daltonico. Il fucile è puntato su di me, sembra più che intenzionato a sparare e ho quasi la certezza che lo farà tanto più che la canna probabilmente è ancora ben calda per via della precedente sparatoria. Continua a guardarmi con il fucile puntato e il dito nervoso sul grilletto e io continuo a dire, ma ormai senza convinzione, "ferenji … ferenji…". Avevo l'impressione che tra i reciproci sguardi intercorresse qualcosa simile ad un canale di comunicazione solido e tangibile, tanto era palpabile la pericolosità della situazione; lui probabilmente si rende conto che forse non è il caso di uccidere un ferenji così a sangue freddo senza ovviamente averne un buon tornaconto, forse ha sentito dire che i ferenji si fanno il più possibile gli affari loro e dopotutto non sono così cattivi e pericolosi. E poi quelle due donne chine la dietro non si possono uccidere due volte, ormai sono già morte di spavento. Il greco probabilmente non lo vede neanche, dev'essersi nascosto dietro la leva del cambio - e questo quà è già aggrappato al paradiso … nè la vettura è gialla … abbassa lentamente la canna del fucile e poi con la medesima mi fa segno di andarmene, rispondo e senz'altro con sentita gratitudine con un "yakagneley" (grazie) e siamo salvi.

 
 
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