CCCLV O tempo, o ciel volubil, che fuggendo

O tempo, o ciel volubil, che fuggendo
inganni i ciechi et miseri mortali,
o dí veloci piú che vento et strali,
ora ab experto vostre frodi intendo:
ma scuso voi, et me stesso riprendo,
ché Natura a volar v'aperse l'ali,
a me diede occhi, et io pur ne' miei mali
li tenni, onde vergogna et dolor prendo.
Et sarebbe ora, et è passata omai,
di rivoltarli in piú secura parte,
et poner fine a li 'nfiniti guai;
né dai tuo giogo, Amor, l'alma si parte,
ma dal suo mal: con che studio tu 'l sai;
non a caso è vertute, anzi è bell'arte.