ANNO 1936 (provvisorio)
(Terza parte- anno 1936)

a1936c.jpg (22463 byte) Didascalia: L'offerta d'amore e di fede delle donne d'Italia.

L'ITALIA AUTARCHICA

LE SANZIONI e IL PERIODO AUTARCHICO - Dopo la decisione della Società delle Nazioni di punire l'Italia per avere invaso l'Etiopia, abbiamo già visto che questa presa di posizione era nient'altro che una messa in scena, una farsa. I 52 Paesi dei 56 che non dovevano rifornire l'Italia, alcuni si schierarono solo in parte, come la Francia. Mentre i quattro paesi, Austria, Ungheria, Albania e naturalmente la Germania di Hitler proseguirono i "pacifici" reciproci rapporti economici. Poi non facendo parte della Società delle Nazioni, piena libertà era lasciata anche agli Stati Uniti, Giappone e Brasile. E considerando che l'Inghilterra rifornita dagli Usa, riforniva poi la Germania, che a sua volta riforniva l'Italia (e addirittura perfino l'Abissinia) le sanzioni le possiamo considerare dunque una grande buffonata.

In ogni caso al regime era comodo propagandare con una forma di vittimismo questa situazione, perché Mussolini sta pensando ad altro; pensa già forse ai futuri passi con l'alleato Hitler. E pensa anche a quello che fino ad ora ha tenuto nascosto agli italiani: che le riserve auree della banca d'Italia negli ultimi dieci anni sono calate del 74%. Senza contare che deve chiudere il bilancio di questo 1936 in un modo piuttosto critico; che il "costo" salato della conquista (40 miliardi) ha ridotto le casse non solo a un colabrodo ma ha aperto delle voragini. La frenesia della conquista (dove l'elemento principale era il prestigio e non certo un programma economico) aveva aperto spaventosi buchi neri in tutti i settori con una reazione a catena su tutto l'indotto.
Le promesse dei "pagherò'" alle industrie che avevano contribuito ad allestire con mezzi, trasporti e forniture i reparti, o a equipaggiare  i 400.000 soldati, non si potevano pagare solo con quello "spazio vitale" che era stato all'inizio considerato come la soluzione di tutti i mali dell'economia dell'Italia.

L'Etiopia conquistata non poteva certo risolvere i problemi dell'Italia a breve termine. Inoltre l'attuale sopravvalutazione della lira  impediva gli scambi, cioè fare esportazione per poi bilanciare con le importazioni, e questo proprio quando il fabbisogno di grano si rivelò insufficiente da doverlo nuovamente come in passato importare, quasi 17 milioni di quintali; e anche se all'estero i cereali costavano poco, doverli necessariamente importare fu una bella stangata alla bilancia dei pagamenti, già in rosso; oltre non si poteva andare salvo fare bancarotta.
(Già  nel 1934 la bilancia commerciale presentava un pesante squilibrio. Contro i  7.667.000.000 di importazioni, se ne esportò 5.225.000.000  Con un passivo di 2.442.000.000  di lire. La voragine poi con la guerra in Abissinia divenne un abisso incolmabile, nonostante numerosi tagli nelle spese.
Era un'illusione credere che era possibile liberarsi dalle importazioni, in gran parte materie prime necessarie alle industrie tessili (cotone e lana), all'industria siderurgica (acciaio e carbone), ai trasporti (combustibili). Prodotti del tutto assenti in Italia).

Quindi il vittimismo delle sanzioni erano servite a Mussolini solo per propagandare il consumo dei prodotti nazionali, mentre la guerra abissina si era alla fine risolta in una semplice crociata patriottica; ininfluente sul piano economico. Tutti i miraggi di quella terra che si diceva essere una "manna dal cielo," si rivelarono invece non solo abbagli ma una bella palla al piede. Era stata del resto una guerra quella abissina, nata da un "colpo di testa" al "Brennero", quando Mussolini temette di essere esautorato da Hitler dalla politica internazionale. E come tutti i colpi di testa, c'era tanta improvvisazione, carenze, nessuna logistica, e poca lungimiranza. Un salto nel buio, per di più fatto in un deserto e con in mezzo il mare. Quindi costi astronomici anche quando si voleva mandare un semplice paio di scarpe.


Dopo le spese e i debiti fatti nei primi mesi, mantenere ora le truppe in Africa era un bel salasso che non finiva da un giorno all'altro, ma erano delle gravose cambiali presentate all'alba di ogni giorno nelle casse dello Stato. La "quota 90" era stata raggiunta ma, lo abbiamo già letto, fu anch'essa un traguardo solo di prestigio, ma agli effetti pratici fu negativo per le esportazioni, e calate poi queste non si poteva certo importare. Le sanzioni c'entravano poco! Quasi nulla.
La crisi colpì la grande industria, i grandi monopoli; poi la media e la piccola azienda; quella dell'indotto e dei consumi. Le prime piccole aziende che  stavano da alcuni anni nascendo furono  interamente penalizzate nel loro sviluppo; in tali critiche condizioni non potevano certo nè produrre nè di conseguenza -non distribuendo reddito- potevano creare una domanda interna. 
Calate le esportazioni dei grandi complessi, questi ormai "producevano" solo disoccupazione, quindi era inutile, come ha fatto Agnelli quest'anno, produrre e immettere auto sul mercato per il popolo quando lo stesso popolo non aveva soldi in tasca perché disoccupato o ad ore giornaliere  ridotte. Orario ridotto da questo momento perfino nei giorni, non più 6 lavorativi ma 5;  infatti, a quelli che lavoravano si regalò il "week end", il "sabato fascista" per diminuire le ore nelle fabbriche, tutte in sovrapproduzione e con un invenduto spaventoso nei magazzini.

Quindi i provvedimenti che si presero in questo periodo per criminalizzare platealmente i prodotti esteri e i paesi ("plutocratici") produttori, per com'era l'Italia di allora, che non conosceva ancora la civiltà dei consumi e il benessere generalizzato, non rappresentarono un grande problema. L'italiano non conosceva ancora il voluttuario, le case erano disadorne, il vestiario era quello indispensabile, l'alimentazione ancora povera con appena il necessario; vita piuttosto spartana anche nelle case degli impiegati e dei piccoli commercianti.

Quindi salvo qualche prodotto, la maggior parte degli italiani non risentì dell'autarchia, e quindi la retorica e la propaganda del regime riuscì a mascherare benissimo la realtà del Paese.
Mussolini voleva solo farlo arrabbiare il popolo italiano, aizzarlo, temprarlo, far nascere l'odio, e quindi prepararlo "bello cotto" per le prossime "avventure di prestigio". - "Gli italiani devono mangiare una volta sola il giorno, per conservare la rabbia in corpo".

Fu in ogni modo, l'autarchia la scoperta del genio italiano, l'arte di arrangiarsi secolare (era la propaganda a dirlo, ma in effetti era una verità). Non esportando formaggi,  dal latte in esubero e quindi dalla caseina si ricavò il lanital, una specie di lana. Dalla ginestra e dai fiocchi di canapa cotonizzandola si ottenne una specie d'omonimo cotone, il cafioc. Non esportando vino questo fu trasformato in alcool e i motori di alcune auto funzionavano con questo combustibile; che si ottenne anche dalle barbabietole e dal riso. Con la lignite invece si fecero andare avanti i motori degli autocarri, a carbonella. Certi autocarri e molte Corriere (proibito chiamarli pullman)  assomigliavano più ad una stufa che camminava che non ad un automezzo. Sui giornali americani comparivano vignette tremende, propagandistiche (ma era la realtà), che tolsero ogni dubbio in che condizioni era l'Italia. "Sono ritornati al fuoco delle fascine, basterà ancora una spinta e torneranno ai carri con le ruote di pietra". E purtroppo era vero! Non avendo petrolio, gomma, acciaio, a breve termine questa era la prospettiva. Mentre in America in 48 ore si producevano e si vendevano una quantità di auto pari a quelle prodotte in un anno in Italia. Il petrolio che veniva estratto in una settimana era pari a quello che (con poco più di 100mila auto da diporto) consumava l'Italia in un anno. In un solo week end in America (con 24 milioni di auto) consumavano la benzina pari a quella consumata in Italia in 8 mesi


Alla mancanza di ferro si tolsero le cancellate e le ringhiere ritenute superflue nelle case,  nei parchi o attorno alle ville; poi si iniziò la raccolta in tutte le sedi del Fascio dei rottami di ferro, rame, bronzo e altri metalli pregiati. Iniziarono vere e proprie gare nelle scuole, con tanto di classifica aggiornata dai maestri; e gli alunni venivano premiati se portavano in classe un grande quantità di rottami. Era " la buona azione giornaliera del vero patriota".  Ma fino a quando poteva durare?

Infine la raccolta dell'oro da fondere sull'Altare della Patria

Agli italiani sposati "la Patria" chiese loro un grande sacrificio, la consegna della fede matrimoniale, che per molti rappresentava (a parte l'effetto psicologico di doversi privare di un simbolo così significativo) l'unico gioiello che aveva posseduto nella sua intera vita. Grandi manifestazioni collettive furono organizzate per queste cerimonie dove si videro artisti, scienziati e statisti dare l'esempio; fare a gara nel donare oltre la fede nuziale anche le proprie medaglie d'oro di accademici. Per convincere le donne (le più restie al "dono") si allestirono grandi cerimonie collettive. A Roma in una di queste, in prima fila la regina Elena si tolse l'anello per depositarlo nel crogiolo invitando gli altri a fare altrettanto (poi salutò la folla con il "saluto romano").
Non bastava la monarchia, e per convincere i cattolici "fa la scena" anche l'arcivescovo di Bologna Nasalli Rocca che dona  la sua croce pastorale. Segue il collare dell'Annunziata del principe ereditario Umberto. Benedetto Croce e Albertini donano la medaglia di senatori. Pirandello addirittura quella del premio Nobel. Un'apoteosi di demagogia e di retorica; e a nessuno gli veniva in mente che così facendo  l'Italia stava offrendo al mondo una immagine di miseria, e di povertà di risorse, quindi fin dall'inizio perdente. Dopo aver finito le cancellate e i rottami, bastava aspettare ancora qualche mese e l'Italia finiva col ritornare alle palafitte.


Puntualmente i nomi di questi personaggi autorevoli, comparvero subito sui giornali indicati come "fulgidi esempi d'amore per la propria Patria"; che alla fine fruttò allo Stato 500 milioni, "è la cifra -scrisse un giornale americano- che noi normalmente spendiamo per il cibo dei nostri gatti".

Mancava la cellulosa; si riducono le pagine dei giornali, e perfino la carta bollata si porta a mezzo foglio. Segue la raccolta degli stracci che non è proprio di buon auspicio. All'estero questa raccolta è il più ghiotto motivo per fare delle ironiche vignette sull' "Impero di franceschiello", il poverello d'Assisi vestito appunto di stracci. Anche qui furono profetici, perchè in Russia con 40 sotto zero i soldati italiani li mandarono vestiti peggio di San Francesco; solo con gli stracci.

Mancava la gomma e il cuoio, gli italiani iniziarono a tagliare i vecchi copertoni e farne suole da scarpe, poi arrivò un certo Ferretti é inventò la salpa una specie di cuoio. Ne arrivò poi un altro e il cuoio lo fabbricò con la cellulosa, che non era altro che un cartone compresso (con questo si confezionarono anche le calzature militari per andare sul Don).
Ai civili a casa per non consumare i vestiti, chi non portava il grembiule (questo era di rigore in tutte le scuole, insegnanti e scolari d'ogni grado) si confezionarono per gli impiegati negli uffici pubblici oltre che in quelli privati le maniche nere da infilare fino oltre il gomito.

Le lamette da barba da poco arrivate in Italia, conobbero il tramonto, rispuntò così il rasoio che era stato messo da alcuni anni da parte. Ma quello di buon acciaio era una rarità.
Per l'alimentazione si consigliò a tutti di allevare polli e conigli, anche in città per non importare carne. Per le ossa si raccomandava di raccoglierli in appositi contenitori. Per poi bollirle, saponificarle e infine trasformarle in pezzi di sapone per il bucato. Mentre con l'olio d'oliva non esportato si confezionavano le saponette da toilette. Poi iniziarono a "nasconderlo" in previsione di una guerra per farci -come in tutte le guerre- gli affari della borsa nera, e di saponette non se ne videro più. E anche quello da bucato fu razionato con la tessera.

NELL'ALIMENTAZIONE le popolazioni interne del Paese dietro l'insistenza della propaganda che allegava tante affermazioni di accademici dell'alimentazione  si invitava al consumo del pesce ("la mancanza di iodio fa venire il gozzo, guardate i paesi montani"),  "abbiamo i quattro più stupendi mari del mondo, con una riserva alimentare infinita e perenne, e inoltre il suo consumo sviluppa l'intelligenza". Il tutto per risparmiare carne d'importazione.

L'Italiano, l'altra metà del popolo non marinaro (il 50% degli italiani vive sulla costa) iniziò a scoprire e a consumare il pesce di mare. In Lombardia era rarissimo prima di questo 1936 trovare una sola pescheria in città, non esistevano per niente. Era un cibo del tutto sconosciuto in ogni ceto. Fin dalla cultura preistorica,  nella palafitticola, poi attraverso la celtica, gallica, longobarda, e neppure parlarne di quella medievale, il pesce non era mai stato considerato un'alimentazione, non solo nell'entroterra, ma neppure nelle popolazioni che vivevano sulla costa, era considerato un cibo da poveri, di diseredati non in grado di procurarsi altro cibo, quindi quasi una vergogna. Sembra impossibile ai nostri giorni, eppure ancora in questi anni questa mentalità resisteva, il lettore che legge lo può desumere dai prezzi che ancora in questo 1936 erano irrisori. Irrisori sui mercati interni, ma nei porti il prezzo era ancora inferiore. A Napoli un chilo di vongole costavano 5 centesimi, la trentesima parte di un chilo di pane, mentre un chilo di triglie o di sogliole a Venezia, non superavano il costo di un etto di pane. Il pesce azzurro, sgombri, sarde, alici, i pescatori lo ributtavano a mare. A Pescara sul porto era venduto a 2 centesimi il chilo, pari a mezz'etto di patate o al costo di mezzo uovo.

Il fascismo puntò su questo alimento "autarchico", inaugurando lo scorso anno a Milano (e via via nelle grandi città, come Firenze, Torino, Roma ecc.) il Mercato del Pesce. Già quest'anno le vendite milanesi sono pari a un terzo di Napoli, dove il pesce e i molluschi si vendono in ogni angolo delle strade oltre che al porto e a Porta Capuana dove c'è il meglio del meglio. Dai 200 ai 300 ambulanti.
Grandi affari per i pescatori, Liguri, Romagnoli e Veneti. I pescivendoli invasero la pianura Padana, fino al più piccolo sobborgo. Si arrivò al punto che si mangiava quasi più pesce in montagna che non al mare.
Una ragione c'era, la carne costava circa 18 lire al chilo, il pesce diciotto volte meno, da una 1 a 2 lire il chilo. Il baccalà (il merluzzo) secco costava addirittura 2,50. Lo importava e ne aveva il monopolio una sola ditta in Italia, ad Ancona, davanti alle FF,SS, e se non erro la ditta era la Balboni.
 All'interno del Veneto dove non vi era altro che polenta (quanti morti di pellagra!!), lo sposalizio con il baccalà norvegese secco diventò quotidiano, il "piatto principe", come i maccaroni a Napoli. Del resto con la misera somma di 4 lire (3 lire di baccalà secco e 1 lira  di farina gialla) si poteva mangiava tutta la settimana. Per una comparazione diamo alcuni prezzi.

Pane al kg lire 1,60. - Riso 2 lire. - Farina gialla per polenta 1 lira. - Bianca 2 lire. - Patate 50 centesimi. - 25 Uova 1 lira (4 centesimi l'una) - Olio 6 lire - Vino comune 1,80 - Zucchero 6 lire - Fagioli secchi 3 lire, freschi 1 lira - Mele 1,50 lire. - Fichi secchi 2,5 lire. - Cavolfiore 1,80 lire - Cipolle 50 centesimi.- Cicoria 12 centesimi. Insalate varie 30 centesimi. - Caffé 3,5 lire etto - Pasta 3 lire al kg. Calze donna tipo nylon (non si chiamava ancora così ma quello era) 18 lire.
Da notare che un bracciante agricolo guadagna dalle 5 alle 7 lire il giorno, circa 150/200 lire il mese. Un operaio circa 300, un impiegato - operaio specializzato, 350-420, 800 lire é lo stipendio di un impiegato d'alto livello laureato, 1000 un dirigente d'industria o un capoufficio dirigente statale e 3000 un generale o un Professore Accademico d'Italia.

Partì quindi l'"economia nazionalistica": l'Autarchia) che si affiancava al "Capitalismo di Stato" (l'IRI, STET, SIP, INA ecc.) e al "Corporativismo"(forze sociali e produttori). Un cappio al collo dell'economia italiana che poteva anche dare alcuni buoni frutti in determinate circostanze. La prima di queste, solo a breve scadenza come emergenza. La seconda, solo a lunga scadenza e non certo pensando a un'altra guerra. E il terzo, pur valido sul piano sociale   era applicabile solo per un periodo transitorio. L'economia del libero mercato, dopo la buriana (crisi del '29 e la guerra di quest'anno) doveva, dati i tempi, necessariamente ritornare, pena l'isolamento economico.

Ma si "andò diritti", "marceremo fino in fondo",  "L'Italia non si é piegata con le sanzioni, né si piegherà mai. L'autonomia politica non si può concepire senza un'autonomia economica". Questa "ricetta" di Mussolini portava invece  proprio irreversibilmente all'isolamento politico ed economico; quanto a quello culturale una vera e propria barriera col il resto del mondo, visto che furono bandite le traduzioni di libri e la vendita di giornali, film, dischi e tutte le riviste straniere comprese quelle scientifiche.
Nel momento in cui ogni palpito della tecnologia era tastato, discusso e riportato nelle pubblicazioni d'oltreoceano, queste furono messe tutte fuori legge. Si ripiombava nel medioevo, chiamandola  "autonomia politica". Cioè un suicidio. Per dieci anni l'Italia si chiuse così dentro il suo bozzolo.

L'anglo-fobia su ogni oggetto e con l'inglese-fobia per ogni pubblicazione e vocabolo, raggiunse vette parossistiche quando si cambiarono i nomi delle cose che erano nate e da sempre conosciute con il nome originale, come film, bar, autobus, che furono chiamati rispettivamente pellicola quisibeve, corriera. Dava fastidio anche la chiave inglese, ricordava la gente d'oltremanica, la si chiamò quindi chiavemorsa, e tante altre simili barzellette.

In questa strategia economica mussoliniana suicida, c'era un grande autorevole dissidente; era il più grande esperto (a livello mondiale) di finanza; l'amministratore delegato della Banca Commerciale, TOEPLITZ. Espose i suoi dubbi, presentò un suo "piano economico moderno" sulla scrivania di MUSSOLINI (che lo odia fin dal 1922) che ha accanto BENEDUCE, considerato il vero  "dittatore dell'economia italiana". 

(VEDI BENEDUCE - IL CUCCIA DEL VENTENNIO)

"La svalutazione della sterlina a Londra ha reso ancora più precaria la situazione italiana, mette in crisi le banche e l'intera industria nazionale", rivela TOEPLIZ, "occorrono interventi coraggiosi, di risanamento delle banche, e non chiusure ma aperture politiche verso l'estero, perché il mondo sta cambiando, l'Ottocento é finito non nel 1900, ma nel 1929, siamo solo ora all'inizio del XX Secolo". Gli ribalta insomma il suo concetto "solo l'apertura economica porta all'apertura politica. Le autonomie, nel vecchio mondo moderno sono finite". (Anticipava il mercato globale)

Mussolini tace, anzi con sufficienza gli fa notare che potrebbe mandarlo via per lavorare in pace, ma, lo ascolta -dice- "per educazione". Vinceranno il duello Beneduce e Mussolini, ma l'altro aveva previsto tutto. Il crollo! E perfino l'anno 2000!!

Una cosa appare certa in questa esposizione di Toepliz, se Mussolini ha intenzioni di continuare con questi provvedimenti di economia nazionalistica, autarchica e corporativa (come sta facendo Hitler - ma lui ha le materie prime) per riorganizzare, ammodernare, rendere efficiente l'esercito, la marina e l'aviazione, poteva del tutto scordarselo. Le casse erano vuote e con tanti debiti. Bloccò tutti i finanziamenti. Infatti, Mussolini lo vedremo presentarsi sulla scena europea già in fiamme, nel 1940, ancora con gli stessi mezzi usati nel 1918, utilizzati in Etiopia in questo '36,  che potevano tutt'al più servire a qualche tribù africana nelle loro guerre locali (la vedremo questa grande carenza in seguito, dalle sue stesse lettere mandate a Hitler, dove chiede in elemosina qualche cannone, mitragliatrice, nitrati, del carbone e acciaio e una lunga lista di materie prime indispensabili. Cioè gli chiese quasi tutto).

Nel resto del mondo, in questa critica situazione economica, non era certo solo l'Italia di Mussolini. Dal 1918, e poi ancora peggio dopo il '29, la crisi aveva attanagliato tutti i Paesi. Soltanto che gli altri Paesi non avevano fatto una guerra come lui, né tanto meno stavano pensando di prepararne un'altra. Addirittura Mussolini chiese a BADOGLIO quale esito ci poteva essere nel "farne una" contro l'Inghilterra! Siamo in piena esaltazione nicciana, alla sindrome dell'onnipotenza.

Quanto a HITLER, lui aveva delle buone ragioni ataviche, guerre che partono dai resoconti di Tacito fino alle ultime, quelle del 1918, quando Versailles aveva umiliato e messo in ginocchio la Germania con i debiti;  era chiaro che prima o poi la Germania  sarebbe venuta fuori da quello "strozzamento" in un modo o in un altro per fare un "terremoto". Da Maroboduo in avanti i guerrieri salii hanno sempre agito così, quando Roma li "strozzava", riattraversavano i limes, il Reno, il Danubio, e si riprendevano quello che veniva a loro tolto; cioè lo "spazio vitale".
Tutti lo sapevano, anche se facevano finta di non vedere. Non per nulla che aiutarono (proprio gli inglesi) la Germania a venire fuori dalla sua situazione apparentemente senza sbocco, lasciando varchi nello sbarramento navale sulla Manica, permettendogli addirittura alla Germania di essere nelle sanzioni, la privilegiata, quasi l'unico Paese a rifornire a pieno titolo l'Italia.

HITLER, al contrario di Mussolini, ha però anche a disposizione le grandi miniere di carbone, i grandi complessi della Ruhr, di Essen, Bochum, Dortmund, con alleati i vari Krupp & compagni e le grandi banche (vedi nella biografia di Hitler) che stanno lavorando come ossessi, in più ha l'intero popolo tedesco che sta cercando, e sembra proprio che l'abbia trovato, il suo condottiero per essere guidato, pazzo o non pazzo. E per guidare un popolo un po' di follia e di genio occorre; Jung la classificò "pseudologia fantastica", chi crede fino in fondo a quello che dice e che lui stesso ha inventato. Anche Napoleone quando scese per la prima volta in Italia, le sue modeste battaglie le trasformò in eventi storici, e ai suoi "straccioni" a Lodi, faceva i discorsi alla Marco Aurelio.

 Hitler ha scritto Mein Kampf, e vi si attiene scrupolosamente, quasi in un modo maniacale. Quasi sfiorò anche il successo sull'Europa se non intervenivano gli americani, se non ci fosse stata la "sorpresa" russa,  e se Mussolini, non gli avesse messo i "bastoni fra le ruote" con l'Africa; anzi letteralmente "la manciata di sabbia" in quel perfetto ingranaggio che Hitler aveva concepito e scrupolosamente aveva realizzato fino allora con determinazione... e non certo da solo.(nell'ombra c'era un certo Jodl, lui lo stratega di tutti i piani d'invasione, e un certo Gouderian il padre delle Panzer Division e dei blitz)

Ma andiamo adesso avanti: molte cose stanno accadendo proprio dalle parti di Hitler, in Germania...... e quindi dobbiamo anche qui fare un passo indietro.
IL 15 GIUGNO l'Austria riconosce a Mussolini l'annessione dell'Etiopia e il 5 giugno avviene un incontro con Mussolini, dove si prende atto che l'Austria e l'Ungheria d'ora in avanti si legano politicamente e ideologicamente al Reich hitleriano. Mussolini con le assicurazioni tedesche sull'indipendenza dei due stati offre così il proprio sostegno all'intesa e va quindi formalmente ad appoggiare indirettamente l'espansionismo tedesco nei due Paesi. Ma il......

IL 23 SETTEMBRE all'insaputa di Hitler, Mussolini firma un trattato di cooperazione con la Iugoslavia (che ha però a sua insaputa  un patto segreto con la Francia) in funzione di limitare l'influenza tedesca verso questa zona e questo Paese che ora (con Mussolini) solo virtualmente abbandona i legami con la Francia.

Nonostante queste manovre dietro le quinte, Mussolini non si sottrae al fascino di Hitler.....e ha con lui la prima uscita militare, al suo fianco, insieme in Spagna dove .....

Il 17 LUGLIO é scoppiata una guerra civile che il filo-fascista GENERALE FRANCO, vuole reprimere, chiedendo aiuti sia a Mussolini sia a Hitler; e nonostante entrambi sono stati diffidati dalla Società delle Nazioni ad intervenire, decidono di mandare sul posto una forza aerea e materiali a "sostegno", per evitare (ipocritamente) "che il conflitto dilaghi e comprometta la pace in Europa".
Un sostegno dove l'Italia alla fine fornirà alla Spagna di Franco 60.000 uomini, 800 aerei, 8.000 automezzi, 90 navi. Che costeranno anche 4000 morti e 11.000 feriti all'Italia.
E' la prima concreta e palese intesa politica e militare tra Mussolini e Hitler che diventa formale il…

24 OTTOBRE, quando i due danno vita ufficialmente all'ASSE ROMA-BERLINO. Un patto che impegna l'Italia a collaborare con la Germania nella lotta al bolscevismo e a contribuire a risolvere  tensioni sia balcaniche che danubiane. Ma Mussolini (ingenuo) ignora il patto che ha fatto Hitler con i Russi e ignora anche gli aiuti che i suoi odiati inglesi danno a Hitler che userà poi contro i russi. Hitler ha quindi in questa circostanza raggirato sia Mussolini, sia l'Inghilterra, sia i russi.
Ma a sua volta Hitler ignora che Mussolini ha fatto dei patti con l'Austria e con la Iugoslavia in funzione antinazista, perchè temono questi due paesi l'egemonia tedesca (ma la teme anche Mussolini visto che fa questi due patti).

Per la questione in Spagna sull'Europa antifascista si leva la voce di CARLO ROSSELLI che dalla ambigua Francia incita comunisti e socialisti a dare il proprio contributo antifascista in Spagna. Si riescono a mettere insieme solo 140 volontari, che hanno dissidi interni per come coordinare l'azione. Liti e incomprensioni che portano alla fine dell'anno a sciogliere la modestissima colonna.
Tutta l'Europa nel frattempo e la coscienza democratica di ognuno é dilaniata dal conflitto ideologico e dal bagno di sangue in Spagna. Un timore di molti, ma non infondato. Vedono le nazioni schierate e contrapposte in questo conflitto che potrebbe sfociare in una vera e propria guerra totale. A capirlo é proprio Carlo Rosselli che lancia la sua parola d'ordine: "attenzione non sottovalutate, oggi in Spagna, domani in Italia."

Ambigue sono in questa seconda crisi (dopo l'Etiopia) nuovamente sia la Francia sia Inghilterra, e anche la Società delle Nazioni. Quest'ultima (ma ormai non conta più nulla), il 4 LUGLIO, ha abrogato le sanzioni verso l'Italia. Mentre l'Inghilterra le ha revocate il 6 novembre non parteggiando (fa Ponzio Pilato)  per la guerra in Spagna per nessuna delle due parti e ristabilisce (per gli affari) anomale e ambigue relazioni con l'Italia, mentre la Francia si schiera da una parte e aiuta in gran segreto i repubblicani, contrapposti ai fascisti di Franco, fornendo tra agosto e settembre armi e aerei ai repubblicani, ma salvando la faccia davanti al mondo con il suo "non intervento".

Un'altra stonatura in Italia viene da STARACE (é lui come segretario del fasci, a condurre la propaganda in Italia)  Il 2 settembre pubblica su Il Regime fascista un articolo dove indica per la prima volta nemici dei fascisti gli ebrei (vedi MANIFESTO DELLA RAZZA). Inizia una campagna antisemitica di disprezzo che prenderà nei prossimi anni toni drammatici. Non inferiori a quelli che quotidianamente pubblicavano i giornali tedeschi, tutti insieme, indistintamente allineati alla nevrotica politica antirazziale hitleriana.
Starace lo fa più che altro per piaggeria verso i tedeschi. Lui stesso ha una segretaria ebrea, cui è molto affezionato; e chi gli fece notare che doveva dare l'esempio, lui rispose che lo avrebbe fatto solo quando molti altri gerarchi si fossero privati della loro (significa che i provvedimenti erano blandi, e che pochi volevano metterli in pratica). 

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