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LA POLITICA COLONIALE

I Personaggi politici di questo periodo

LA POLITICA COLONIALE 
DELL'ITALIA 

VEDI ANCHE 2000 ANNI DI COLONIALISMO

Dopo aver conseguito l'unità, anche l'Italia, a somiglianza delle altre grandi Potenze europee, cercò di acquistare (o conquistare)  possedimenti coloniali fuori d'Europa, sia per dirigere in territori di sua appartenenza la popolazione esuberante, che già si avviava all'emigrazione transoceanica, sia per aprire nuovi sbocchi al suo commercio.

Le pressioni dell'industria armatoriale, cantieristica, siderurgica che non trovavano in patria sufficienti occasioni di profitto non erano estranee a queste sollecitazioni imperialistiche. Del resto le altre potenze avevano già iniziato da anni a formare i loro imperi coloniali, e negli ultimi tempi queste mire si stavano estendendo a dismisura.

Infatti in questo ventennio di fine del secolo le grandi potenze avevano iniziato a spartirsi il mondo;  una vera e propria era imperialistica. Chi per procurarsi materie prime, chi per estendere i suoi commerci, chi per piazzare nelle esportazioni il surplus della produzione in patria, e chi per accaparrarsi le grandi miniere di oro o di diamanti.
A dominare nelle conquiste coloniali ovviamente l'Inghilterra, che già da un centinaio di anni (tra la fine del Settecento e la prima metà del XIX secolo)  l'occupazione delle terre era stata la sua vocazione. In questo 1882 ai suoi 244.000 kmq dell'isola, gli inglesi avevano già aggiunto e "conquistato" 22.000.000 di territori sparsi nei cinque continenti. Così la regina Vittoria divenne anch'essa imperatrice. 
Gli Inglesi avevano il monopolio (con la Compagnia delle Indie) della navigazione e del commercio con l'Oriente, ma anche il dominio politico sulle colonie in India, in Africa, in Australia. 

Questa situazione fino al 1884. Dopo la Conferenza Internazionale di Berlino le potenze in tacito accordo pianificarono la spartizione dell'Africa intera e tutto quanto non era stato ancora conquistato.
Inghilterra, Germania, Belgio, Olanda, Russia, Stati Uniti, Italia e Francia iniziarono la "gara" con ogni mezzo, in ogni luogo e in varie forme.
Una intesa diplomatica  c'era inizialmente, ed erano impegni di non darsi fastidio in questa espansione coloniale. Ma poi (l'appetito vien mangiando) alcune nazioni iniziarono a ignorare le mire di altre.
Sulle conquiste dell'Inghilterra sorvoliamo perchè la lista sarebbe lunga, e altrettanto la narrazione dei vari episodi (lotta con i Boeri, con i Maori, gli Egiziani, Arabi, Turchi ecc.) che la portarono a creare il dominion in Kenia, Nigeria, Costa d'Oro, Sierra Leone, Uganda, Gambia, Nigeria, Sudan, Transvaal, Orange, Rhodesia, India, Malesia, Nuova Zelanda, Borneo, Canada, Cina, Australia e varie isole nei vari oceani, e nel Mediterraneo come Malta). Nel 1914 l'Inghilterra aveva portato a 33.000.000 i kmq delle sue colonie (100 volte la superficie italiana).
La Germania - pur con riluttanza - non rimase a guardare. Sbarcò in Africa in Nabibia, nel Ruanda, nel Togo, nel Camerun, nella Nuova Guinea, e tentò in Turchia.

La Francia fu una temibile concorrente di tutti. Ma soprattutto dell'Italia che fino al 1882 non aveva nulla. I Francesi invece erano sbarcati già nel 1830 in Algeria, ma prima ancora della Conferenza di Berlino (nel 1881) iniziarono a penetrare in Tunisia. Un territorio che ambiva l'Italia, per motivi storici ma anche perchè era di fronte alla vicina Sicilia. C'erano stati a Berlino degli accordi Francia-Italia, ma poi i Francesi non li rispettarono. Oltre che la Tunisia, proseguirono nelle conquiste africane ed estesero la loro influenza in Marocco, Senegal, Congo francese, Ciad, Madagascar, buona parte del Sahara, e sul Corno d'Africa (Gibuti). Nè tralasciò l'Asia, stabilendosi sul Tonchino, e sull'Annam (od.Vietnam) creando con il Laos l'Unione Indocinese. Nel 1914 la Francia poteva già contare su una superficie di oltre 10.000.000 di kmq di possedimenti. (30 volte l'Italia).

Tralasciamo Belgio, Olanda, Russia e Stati Uniti, e soffermiamoci in Italia che si buttò nell'avventura colonialistica senza avere nè i mezzi logistici, nè il potenziale economico e tanto meno abili statisti. Le sollecitazioni vennero dai nuovi governi della Sinistra (Crispi e C.) e soprattutto dettate da questioni di prestigio. 

Fin dal 1869 la Compagnia di navigazione genovese Rubattino aveva occupato la Baia di Assab  sulla costa occidentale del Mar Rosso, per crearvi un deposito di carbone. 
In quell'epoca, arditi esploratori italiani, sostenendo fatiche e patimenti d'ogni sorta, superando difficoltà inaudite, penetravano nel cuore dell'Africa, ne percorrevano i deserti interminabili, attraversavano le foreste, seguivano il corso dei fiumi, si internavano tra i monti, svelavano i segreti di quel continente in gran parte sconosciuto.


Gli italiani - con queste "missioni scientifiche" furono i primi e più intrepidi nel dedicare la loro attività all'esplorazione dell'Africa orientale. GIOVANNI MIANI fra il 1871 e il 1872 risalì il Nilo Bianco; CARLO PIAGGIA esplorò il paese dei Niam Niam e morì a Chartum (nel Sudan Anglo-Egiziano) nel 1881; ORAZIO ANTINORI esplorò l'altipiano etiopico e la regione dei grandi laghi; ROMOLO GESSI, ufficiale, nell'esercito egiziano, dimorò parecchi anni nel Sudan, condusse a compimento l'esplorazione del lago Alberto, e morì a Suez nel 1881; GIUSEPPE MARIA GIULIETTI, GIOVANNI CHIARINI, GUSTAVO BIANCHI e GIAN PIERO PORRO, venivano uccisi coi loro compagni o all'inizio o sul finire dei loro viaggi.

La conoscenza della Somalia fu opera di LUIGI ROBECCHI BRICCHETTI, di ANTONIO CECCHI e specialmente di VITTORIO BOTTEGO, il quale in due viaggi (1892-93 e 1895-97) scoprì le sorgenti del fiume Giuba e determinò il corso dell'Omo-Bottego, immissario del lago Rodolfo.

Alle esplorazioni tennero dietro occupazioni di piccoli territori. Ma Francia e Inghilterra allarmate di così tanto dinamismo, si affrettarono a occupare le regioni più ricche; e anche la Germania si fece avanti arditamente. L'Italia (per motivi anche storici) aspirava alla Tunisia, dove si erano già stabiliti molti italiani; ma, per l'inettitudine del Governo di allora, si lasciò precedere dalla Francia. Questa, col pretesto di impedire le incursioni dei Krumiri (una popolazione montanara dell'interno), costrinse il Bey di Tunisi ad accettare il suo protettorato (1881)
. L'Italia rimase con un palmo di naso, che scatenarono feroce critiche nel paese.

Nel 1882 il governo italiano impossibilitato a fare una vera e propria spedizione coloniale offensiva,  ebbe una singolare idea: comprò la Baia di Assab dalla Compagnia Rubattino. Messa così una base, che diventò ben presto con l'invio di alcune migliaia di soldati una testa di ponte, nel 1884 occupò la città di Massaua, anch'essa sul Mar Rosso, con lo scopo di farne un porto commerciale delle regioni retrostanti. Di qui poi l'Italia avanzò verso l'interno, per occupare la parte settentrionale dell'Altipiano Etiopico. L'avanzata e poi l'insediamento fu ostacolato dal Negus Giovanni II, sovrano dell'Etiopia (dagli italiani battezzata Abissinia).

A Dogali 500 soldati italiani, comandati dal colonnello DE CRISTOFORIS, furono assaliti da orde innumerevoli di Abissini, e dopo due ore  di accanito combattimento caddero, bagnando col loro sangue il suolo della prima colonia africana dell'Italia (26 gennaio 1887).
Un'altra spedizione ristabilì senza molte difficoltà il prestigio italiano e tenne più in rispetto i nemici. Poco dopo il Negus morì; FRANCESCO CRISPI capo del governo italiano, fece subito con MENELIK, re dello Scioia, un patto e lo aiutò a diventare Negus dell'Abissinia (1889).
Nello stesso anno con il Trattato di Uccialli, Menelik -dopo l'aiuto di Crispi- ovviamente riconosceva il protettorato italiano sull'Abissinia.
I possedimenti furono allora riuniti sotto il nome  di COLONIA ERITREA (1890).
Famoso l'intervento di Crispi alla camera rivolto
verso le "colombe" pacifiste "Siamo a Massaua e ci resteremo" Una vera e propria "apologia del colonialismo", che fra l'altro andrà ad alimentare la retorica nei successivi anni, quando in nome di questa disfatta, si invocherà il riscatto "patriottico" per giustificare una nuova ondata di imperialismo.

Alcuni anni dopo - nel '95, dopo che l'Italia si era spinta a occupare anche il Tigreè - Menelik rinnegò le sue promesse, e provocò una guerra che, dopo varie vicende, terminò con la sfortunata battaglia di ADUA (1 marzo 1896). I soldati italiani vi combatterono con valore, ma il loro capo, ORESTE BARATIERI, non seppe guidarli alla vittoria; e l'Abissinia si sottrasse al protettorato italiano.
I confini fra Colonia Eritrea e l'Abissinia rimasero fissati dal fiume Mareb, dal suo affluente Belesa e dal torrente Muna.

Frattanto fin dal 1890, in seguito ad accordi con il sultano di Zanzibar, con l'Inghilterra e con la Germania, l'Italia aveva acquistato il possesso della Somalia, dal capo Guardafui alla foce del Giuba. Nei primi anni la Somalia, fu amministrata dalla Società del Benedir; nel 1908 passò alla dipendenza del governo.

Per lungo tempo, soltanto la zona meridionale, o Benedir (capitale Mogadiscio), fu dominio diretto; la zona settentrionale comprendeva tre protettorati: il Sultanato di Obbia; il territorio di Nogal; il Sultanato dei Migiurtini: tutti e tre amministrati da un commissario residente a Benedir Alula. Il Governo Nazionale fascista abolì i protettorati e ridusse tutto il territorio a dominio diretto. La Colonia Somalia si ingrandì poi con l'Oltregiuba, zona a ovest del fiume Giuba, ceduta dall'Inghilterra all'Italia, in esecuzione dei patti fatti per la guerra europea.

Un altro problema s'impose poi all'Italia:

Tutte le coste africane sul Mediterraneo erano possedute da nazioni straniere: Spagna, Francia, Turchia, Inghilterra. L'Italia, collocata al centro di questo mare, correva il rischio di venire chiusa e soffocata, senza possibilità di espansione. Rivolse perciò la sua attenzione alla Tripolitania e alla Cirenaica, malamente amministrate dalla Turchia. Vi iniziò una lenta penetrazione, per mezzo di missioni scientifiche, di operazioni commerciali, di imprese agricole e industriali, di banche e di scuole. Questa attività fu ostacolata dalla Turchia in tutti i modi: e l'Italia fu costretta a dichiararle guerra (settembre 1911), e ad occupare militarmente la Tripolitania e la Cirenaica. La Guerra,  condotta per mare e per terra, terminò nell'ottobre 1912, col Trattato di Losanna, in virtù del quale la Turchia cedette all'Italia tutte le regioni contestate, nonchè  (le operazioni erano state estese anche nell'Egeo) l'Isola di Rodi e un gruppo di altre dodici isolette nel Mediterraneo orientale (Dodecaneso). Tripolitania e Cirenaica vennero raccolte in una sola colonia, col nome di Libia.
Lo scoppio della Guerra Mondiale andò a sconvolgere non solo tutti gli stati europei ma anche tutte le colonie. A spartirsi quelle tedesche le ingorde Francia e Inghilterra. 

Dal modo come, e per volontà di Mussolini nel 1935-1936 fu poi riconquistato all'Italia l'Impero Etiopico, se ne parla in altre pagine dei corrispettivi anni - vedi.

Fu la "grande realizzazione" del regime fascista. Mussolini fin dall'inizio del suo governo lo aveva promesso all'Italia. Pur vittoriosa nella Grande Guerra, gli era stata nella pace sottratta i suoi diritti. I suoi alleati, già ricchi di pingue colonie, si erano spartiti i possedimenti tedeschi, cedendo all'Italia soltanto alcuni tratti desertici, senza valore. Ciò accadde per la debolezza degli uomini che allora reggevano i destini dell'Italia, e che non seppero far rispettare i diritti conquistati a prezzo di tante sangue.
Mussolini su questa indignazione iniziò a costruire la sua fortuna e salito al potere, si propose di educare e preparare il popolo italiano alla giusta rivincita che -inutile aggiungere-  tutti volevano;  anche se molti italiani pensavano ancora che le colonie fossero politicamente un ingombro, economicamente una passività, perchè chiusi nel fiacco egoismo di una politica casalinga, desiderosi soltanto di pace a qualsiasi prezzo. Ignorando però che gli altri non pensavano le stesse cose, ma continuarono a spadroneggiare con ulteriore colonialismo, ulteriori annessioni, usando la forza, giustificandola come "sicurezza delle nazioni". Implicitamente affermavano che "unicamente con la forza che i popoli - se sanno osare e combattere- si fanno grandi".

Nacque così - in 14 anni di regime- quello "spirito coloniale nel Popolo italiano e la volontà di potenza" dei suoi governanti: del Re, di Mussolini, dei Militari di carriera, di una miriade di gerarchi in cerca di facile gloria, di fortuna, di  prebende, di rendite o di semplici medaglie da mettersi sul petto da sfoggiare nelle adunate. Nè mancarono gli industriali e le banche con i lucrosi affari, sia della guerra che delle opere pubbliche da realizzare sul nuovo territorio.

La grande avventura africana iniziò nel 1935. L'Impero Etiopico, confinante con le colonie dell'Eritrea e della Somalia  molestava i possedimenti italiani con frequenti razzie e con atti di ostilità. (Questo era quanto riportavano i giornali).
Un incidente più grave del solito (ma alcuni storici riferiscono pretestuoso) fece "traboccare la bilancia" (Incidente di Ual Ual). L'Italia chiese soddisfazione dei danni morali e materiali subìti per opera degli Abissini cui il Negus non era in condizione di soddisfare. Fu dunque ritenuto "giusto" e "necessario" e "sacrosanto"... "nell'ora solenne",  ricorrere alle armi (3 Ottobre 1935) nonostante l'ostilità dichiarata della Società delle Nazioni, che offrendo una ambigua solidarietà al Negus, bandì contro l'Italia il blocco economico con le (blande) Sanzioni.
(in effetti tutto si svolse osteggiando una finta indignazione e le stesse sanzioni furono null'altro che una farsa. Vedi ANNO 1935 ).
  
 Dopo tante crisi militari (esonero De Bono)  e dopo un attacco giudicato immorale (l'uso dei gas iprite) il  5  maggio del 1936 il corpo italiano di spedizione guidato da Badoglio (quasi in gara con Graziani nell'arrivare primo) entrava ad Addis Abeba, la capitale dell'Ex Impero Scioiano. Il 9 maggio dal balcone del Palazzo Venezia,  Mussolini annunciava al popolo italiano che i territori ( 1.149.000 kmq) e le genti (8 milioni di abitanti) già appartenenti all'Impero Etiopico venivano posti sotto la sovranità piena ed intera del Re d'Italia, il quale assumeva anche il titolo di Imperatore.
"Sui colli fatali di Roma tornano a risplendere le insegne dell'Impero!" (M.)

Tutto quanto accadde dopo, sono in altre pagine di questa cronologia.


ALCUNE DATE E ALCUNI FATTI dal 1868 al 1882

1868

9 MARZO: In seguito ad un invito del ministro della Marina Augusto Antonio Riboty a tutti gli armatori italiani di prepararsi all'aspra concorrenza che si scatenerà all'apertura (ormai prossima) del canale di Suez manifesta la sua disponibilità l'armatore genovese Raffaele Rubattino il quale propone al ministro la creazione di una linea celere che colleghi direttamente Genova con Alessandria d'Egitto e attraverso l'apertura del canale con i porti dell'India. Rubattino però pretende l'anticipo governativo per l'acquisto dei materiali offrendo in cambio di rendere i suoi piroscafi disponibili in caso di guerra:"é facile immaginare qual prezioso ausilio sarebbero nel caso di guerra cinque grossi piroscafi capaci di trasportare, ognuno d'essi, almeno 250 cavalli. Sarebbero una forza più, aggiunta al fascio della nostra potenza navale".

1869

12 OTTOBRE: In seguito alle sollecitazioni di Giuseppe Sapeto, ex lazzarista buon conoscitore del mar Rosso, prima al ministro dell'Agricoltura Marco Minghetti e poi al ministro della casa reale Gualtiero, ottiene che gli sia affidato l'incarico di esplorare le rive del mar Rosso e sopprattutto di acquistare il posto giusto per uno scalo. Determinante per l'appoggio del governo fu la concomitante deliberazione a Genova del congresso nazionale delle camere di commercio in cui si chiedeva al governo di stabilire una "agenzia commerciale" a Sceikh Said (Yemen). Così scrive Sapeto:"Dichiaro primieramente che dal Regio governo italiano ebbi incarico di comperare 
sulla costa dell'Asia o dell'Africa quei terreni, spiagge, rade, porti o seni di mare che mi sembrino adatti allo scopo indicatomi". Al Sapeto viene affiancato alla partenza il contrammiraglio Guglielmo Acton.

15 NOVEMBRE: Dopo aver fatto l'amara scoperta che Sceikh Said (Yemen) era stata comprata da una compagnia francese e che a Khur Amèra (Yemen) c'erano gli inglesi, Sapeto e Acton si dirigono (dopo un'inutile visita alla baia di Ras Dumeira) verso la baia di Assab. I due discutono dell'acquisto del territorio della baia con i potenti locali, tali Ibrahim e Hassan ben Ahmad, e sottoscrivono con loro una convenzione in cui i due capi dancali si impegnano dietro il versamento di 6000 talleri di Maria Teresa a cedere all'Italia i terreni su cui sorgerà la 
futura città di Assab. Versato un anticipo di 250 talleri Giuseppe Sapeto e Guglielmo Acton ripartono subito per l'Italia.

1870

2 FEBBRAIO: Il nuovo primo ministro Giovanni Lanza, timoroso di irritare egiziani e inglesi già da tempo interessati al controllo del mar Rosso,decide che é meglio utilizzare un nome di copertura che faccia l'acquisto per conto dell'Italia: viene scelto il fidato armatore genovese Raffaele Rubattino, che già aveva aiutato il governo per l'impresa dei Mille. A terminare le trattative con i locali eritrei resta assegnato Giuseppe Sapeto, solo che adesso agisce per conto della compagnia Rubbattino e non più del governo.

11 MARZO: Dopo essere arrivati nella baia di Assab due giorni prima con l'avviso militare 'Vedetta' fornito dal governo per la conclusione dell'affare viene siglato definitivamente l'accordo in cui viene coinvolto anche un altro capoccia del luogo, tale Abdallah Sciahim. Dopo avere issato la bandiera nazionale sul promontorio prospiciente la baia e lasciata un'epigrafe con su scritto "Proprietà Rubattino comprata agli 11 marzo 1870" abbandonano questo buco arido e rovente (resterà sempre un mistero perchè sia stato scelto un luogo così deprimente per dare inizio al colonialismo italiano). Partiranno giusto in tempo perchè pochi giorni dopo arriveranno soldati egiziani irritati da quella che considerano una violazione della sovranità egiziana.

1871

4 MARZO: Un anno dopo l'acquisto di Assab la questione arriva in Parlamento a causa di un'interpellanza di Nino Bixio in cui si chiede che il governo proclami ufficialmente la sovranità sul luogo e lo occupi militarmente "in guisa da garentire le persone e le merci di coloro che vi si stabilirebbero". Ne segue il primo dibattito sul colonialismo della storia italiana con interventi da una parte e dall'altra.

30 APRILE: Per dare una risposta all'interpellanza di Nino Bixio il governo Lanza crea una commissione di esperti per determinare se "tenuto conto delle condizioni interne dell'Italia in quel tempo, e in vista delle nuove linee di commercio universale, già aperte o di prossima apertura, non fosse utile fondare una colonia". Inoltre viene incaricato il conte Lovera de Maria di verificare la disponibilità di Assab a svolgere le funzioni di colonia penale o commerciale. una analoga ricognizione viene richiesta al generale Ezio De Vecchi, con in più il compito di sondare il punto di vista egiziano. Ma la comissione sconsiglia fortemente la fondazione di colonie sotto piena sovranità nazionale mentre il conte Lovera e il generale De Vecchi danno entrambi un ritratto terrificante di Assab (viene inoltre constatata l'oppsizione egiziana). Questi giudizi così duri fanno sprofondare Assab nell'oblio dove resterà per otto lunghi anni.

1879

14 MARZO: La causa principale (per quanto possa sembrare poco attinente) della occupazione di Assab sta nella decisione parlamentare di non sovvenzionare più il prolungamento ai porti siriani e ciprioti della linea Genova-Alessandria d'Egitto gestita dalla Compagnia Rubattino, l'armatore Raffaele Rubattino decide di riconsiderare le pssibilità che gli può offrire Assab. Ne segue che utilizzando spregiudicatamente l'amicizia di Giuseppe Maria Giulietti con l'allora ministro degli Esteri Agostino Depretis convince quest'ultimo che Assab può diventare lo sbocco naturale dell'alta Abissinia e dello Scioa. Il governo Cairoli deve però prendere atto che permangono resistenze inglesi ad un'occupazione sotto piena sovranità della zona: si ricorre ancora una volta al Rubattino dandogli istruzioni per la creazione di uno scalo-deposito (é anche previsto nell'accordo che Rubattino richieda poi l'aiuto di alcune unità della Regia Marina).

25 DICEMBRE: Gli italiani tornano di nuovo ad Assab; la flotta che approda nella baia é composta da tre navi, cioè dal mercantile 'Messina' della Rubattino e da due navi dell'esercito, l'avviso 'Esploratore' e il piroscafo 'Ischia'. In origine la scorta militare sarebbe dovuta essere più consistente, ma purtroppo intorno alla spedizione, che sarebbe dovuto essere segretissima, vi era stata alla vigilia della partenza una fuga di notizie: ciò aveva destato grandi allarmi a causa delle energiche reazioni degli inglesi (anche il 'Times' ne aveva parlato) e di parte della stampa italiana. Era stato proprio questo gran fracasso a spingere il governo Cairoli a lasciare a casa il piroscafo 'Garigliano' e a sostituire la corazzata 'Varese' con l'avviso 'Esploratore'. Ma la cosa, come le seguenti dichiarazioni di Raffaele Rubattino in cui si ribadisce che Assab é di proprietà della compagnia, tranquillizza solo in parte inglesi ed egiziani che tentano di sabotare il progetto di fonda!
zione della colonia; i risultati sono però fallimentari in quanto la spedizione riesce a ottenere gli operai necessari per la costruzione dello scalo e a stabilire buone relazioni con i capi dancali dei dintorni.

1880

16 FEBBRAIO: Disattendendo le prudenti indicazioni del governo Cairoli di evitare qualunque azione che possa essere presa per un'esercizio di sovranità nazionale il capitano di fregata Carlo De Amezaga decide in seguito ad un tentativo di furto nella colonia di considerare Assab un "prolungamento della nave da guerra", istituisce cioè la legge marziale nel territorio.

15 MARZO: Su invito del governo Giuseppe Sapeto, rappresentante della Compagnia Rubattino ad Assab, completa dietro l'esborso di 13000 talleri di Maria Teresa al sultano di Raheita Berehan l'acquisto di tutta la baia di Assab. Ma poi travalicando gli ordini pochi giorni dopo fa firmare al sultano di Raheita una dichiarazione che trasforma il suo piccolo potentato in un protettorato italiano (il governo timoroso delle reazioni inglesi rinnegherà questa dichiarazione). In seguito ad altri acquisti la Compagnia Rubattino controlla ad Assab 700 km2 e uno sviluppo di costa di 60 km.

1881

9 GENNAIO: Arriva ad Assab il primo funzionario governativo: si tratta del commissario civile Giovanni Branchi, console di carriera, la cui presenza é divenuta necessaria a causa dei crescenti problemi di ordine pubblico nella colonia. Il suo arrivo porta ben presto alle dimissioni del rappresentante della Compagnia Rubattino Giuseppe Sapeto che si sentirà schiacciato e privato di reali poteri fra il commissario Branchi e il capitano di fregata Galeazzo Frigerio (che ha sostituito il capitano di fregata Carlo De Amezaga il 5 luglio 1880).

11 APRILE: Parte da Assab una spedizione intenzionata ad aprire una via di comunicazione fra la colonia e il Tigrè (Etiopia). La spedizione é guidata dall'esploratore ed ex garibaldino Giuseppe Maria Giulietti che porta con se il sottotenente di vascello Giuseppe Biglieri, dieci marinai della "Ettore Fieramosca", due operai italiani, due etiopi e un interprete sudanese per un totale di 17 persone tutte bene armate. Ma la mancanza di sondaggi nei confronti delle poplazioni che dovranno essere incontrate lungo la strada spinge il governo Cairoli a vietare l'esplorazione; ma purtroppo il divieto arriva troppo tardi quando il gruppo ha già lasciato Assab.

25 MAGGIO: Massacro della spedizione Giulietti: dei 17 membri non sopravvive nessuno. Non si saprà mai con certezza come é andata, comunque questa é la storia più probabile. Dopo la partenza da Assab il gruppo si era diretto verso il villaggio di Beilul dove aveva sostato per una dozzina di giorni; ma fra lo sceicco di Beilul Mohammed Akito e suo figlio Omar erano sorti dissapori con gli italiani per ragioni poco chiare (il capo della spedizione Giulietti era un uomo assai poco diplomatico e probabilmente offese in qualche modo lo sceicco o il suo figlio). Probabilmente ne era seguita la decisione di attaccare la spedizione una volta che si fossero allontanati da Beilul, cosa che puntualmente avvenne. 

13 LUGLIO: Nonostante le forti pressioni per uno sbarco militare a Beilul (sostenuto ad Assab sia dal comissario civile Giovanni Branchi che dal capitano di fregata Galeazzo Frigerio) il nuovo ministro degli Esteri Pasquale Stanislao Mancini decide di rinunciare ad una rappresaglia che potrebbe causare attriti non solo con l'Egitto (sotto la cui sovranità si trova Beilul) ma sopprattutto con la Gran Bretagna, con la quale il governo sta negoziando un trattato che definirà i rapporti anglo-italiani nell'area per decenni. Ci si accontenta così di una commissione d'inchiesta egiziana presieduta da Ibrahim Rushdi Pascià che non porterà a nulla, come del resto una seconda commissione d'inchiesta egiziana istituita dopo le proteste italiane per le conclusioni della prima.

1882

16 FEBBRAIO: Il governo Depretis per l'Italia e quello Gladstone per la Gran Bretagna compongono in maniera definitiva le loro divergenze riguardo alla questione di Assab: viene sancito che a patto di mantenere il suo carattere commerciale Assab può diventare una colonia sotto piena sovranità italiana. E per quanto riguarda l'Egitto non ci sarà più da preoccuparsene: ridotto ormai al rango di protettorato britannico non potrà che piegarsi al trattato.

10 MARZO: Lo Stato italiano rileva finalmente Assab dalla Compagnia Rubattino per la bella somma di 416000 lire e riservandogli 6000 metri quadri per le sue necessità.
E l'inizio ufficiale del colonialismo italiano, che da sogni di gloria e di impero si trasformerà in una voragine che inghiottirà migliaia di soldati che troveranno la morte lontani da casa, mandati a combattere una guerra non loro dai sogni di grandezza della grande borghesia e della dinastia sabauda. oltre che costoso dal punto di vista delle vite umane, lo fu anche dal punto di vista economico: lungi dall'essere quella panacea per tutti i mali della nazione le colonie furono perennemente in stato di dissesto economico costringendo continuamente i vari governi a tassare i cittadini per mantenere in piedi quelle inutili terre. E non si può nemmeno dire che l'Italia si sia comportata verso i locali meglio delle altre potenze colonialiste: anche l'Italia compì efferatezze brutali e grandi massacri contro gli africani, sopprattutto durante il fascismo.
Ma era difficile in quegli anni ottanta resistere alla brama di crearsi un proprio impero: infatti quella decade vide una folle corsa per la spartizione del globo a cui parteciparono oltre agli ormai "esperti" Gran Bretagna e Francia anche Germania, Portogallo, Spagna, Paesi Bassi e persino il Belgio. E non finirà qui: negli anni novanta emergeranno due nuove potenze coloniali, il Giappone e gli Stati Uniti. 

(By:  Alex)

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